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Castel dell’Ovo: luogo di cultura e svago

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Uno dei simboli più conosciuti di Napoli, è ritratto in quasi tutte le immagini e cartoline di questa città. Il Castel dell’Ovo spicca in mezzo al mare con la sua imponenza.
È adagiato sull’isolotto tufaceo di Megaride, a pochi metri dalla riva, ed è visibile da tutto il Golfo di Napoli.
Costituito da due scogli uniti tra loro da un arco, è considerata l’area dove ebbe origine la città di Napoli e sono molte le leggende legate a questo luogo magico e meraviglioso.
Meta tutto l’anno di turisti, è aperto al pubblico gratuitamente, ma è necessario effettuare una prenotazione per accedere al sito.
È tradizione per il popolo napoletano, nei giorni di festa e nelle serate estive, fare una lunga passeggiata sul lungomare ed effettuare una piccola deviazione in via Eldorado per raggiungere Castel dell’Ovo, per fermarsi ad ammirare il tramonto e il panorama.

La classica passeggiata

Alcuni si inoltrano tra le caratteristiche stradine del Borgo Marinari, che offrono un’ampia scelta di bar e ristoranti e sono sede di alcuni prestigiosi circoli nautici.
L’area è sempre viva e brulica di napoletani e di turisti un po’ a tutte le ore del giorno e della notte.
Altri si avviano verso l’ingresso del Castel dell’Ovo e si inerpicano lungo la salita che conduce a una serie di porticati e terrazzi da cui si può ammirare tutto il golfo di Napoli, dal Vesuvio alla collina di Posillipo. Nelle giornate più terse si ha una buona visibilità anche fino a Punta Campanella, nella Costiera Sorrentina, e all’isola di Capri.

ingresso castel dell'ovo

Origine e storia di Castel dell’Ovo

L’epoca romana

Sull’isolotto su cui sorge l’odierno Castel dell’Ovo in epoca romana fu costruita l’imponente e leggendaria villa del patrizio Lucullo, risalente al I sec. a.C., così estesa da raggiungere piazza Municipio.
Nel V secolo la villa fu fortificata e ospitò Romolo Augusto, l’ultimo imperatore romano, deposto nel 476 a.C.
Alla morte dell’imperatore l’isolotto fu occupato da monaci basiliani che nel VII secolo adottarono la regola benedettina.
Degli antichi splendori resta testimonianza nel castello dei rocchi delle colonne nella cosiddetta Sala delle Colonne, utilizzata in epoca medievale come refettorio di un convento.
Qui la leggenda dice che Santa Patrizia ricevette accoglienza da un gruppo di monache a seguito del suo naufragio durante un viaggio verso la Terra Santa
Nell’anno 872 I Saraceni occuparono l’isolotto e vi imprigionarono il Vescovo Atanasio, ma furono respinti e cacciati dall’azione congiunta delle flotte del Ducato di Napoli e della Repubblica di Amalfi.

L’epoca medievale

L’area fu occupata nuovamente dai monaci basiliani, fino all’arrivo di Ruggiero il Normanno nel 1140, che dopo aver conquistato la città ordinò la costruzione del castello. In questo periodo iniziò una serie di costanti opere di fortificazione del sito che portarono alla costruzione di una prima torre, la torre Normandia.
Nel 1222 gli Svevi sotto la guida di Federico II continuarono l’opera di fortificazione di Castel dell’Ovo aggiungendo altre tre torri.
È in questi anni che Castel dell’Ovo diventa sia residenza che prigione di stato.


Con l’arrivo di Carlo I d’Angiò il castello subì ulteriori restauri e modifiche e la famiglia reale vi si insediò insieme al tesoro della corona.
Nel 1370, a causa di un terremoto che danneggiò alcune parti e fece crollare l’istmo di collegamento, la regina Giovanna ordinò imponenti opere di restauro, con la ricostruzione dell’istmo in muratura. A causa della leggenda legata al nome del Castel dell’Ovo, a seguito dell’evento funesto, per evitare il panico in città, fu costretta a dichiarare al popolo napoletano di aver sostituito l’uovo magico nascosto da Virgilio nelle fondamenta del castello, per rassicurare la popolazione.

L’epoca moderna

Nel 1442, con l’arrivo di Alfonso d’Aragona, Castel dell’Ovo fu ulteriormente fortificato, con l’abbassamento delle torri, il ripristino del molo e il potenziamento delle strutture difensive.
Da questo momento il castello fu più volte bombardato e danneggiato finché nel 1503, con l’arrivo dei Viceré spagnoli, le torri furono definitivamente demolite e dopo una massiccia ristrutturazione il sito prese l’aspetto che ha oggi. Mura massicce, ricostruzione delle torri ottagonali e orientamento delle strutture difensive verso terra sono alcuni dei significativi cambiamenti apportati alla struttura, che perse la funzione di residenza reale e divenne avamposto militare e prigione.


Dalle mura di Castel dell’Ovo partirono i bombardamenti verso la città durante la rivolta di Masaniello e numerosi furono i personaggi che qui furono rinchiusi: tra questi spiccano il filosofo Tommaso Campanella e successivamente Carlo Poerio e Luigi Settembrini.
Dopo l’Unità d’Italia, durante il periodo del cosiddetto Risanamento, un progetto prevedeva l’abolizione di Castel dell’Ovo per dare spazio a un nuovo rione. Per fortuna il progetto non fu mai portato a termine.

Castel dell’Ovo come luogo di cultura

Nel secondo dopoguerra un gruppo di famiglie della marina militare vi si insediarono e furono poi sfrattate nel 1980 per iniziare un progetto di recupero del castello per restituirlo alla città come luogo di cultura.
Durante l’anno alcune delle sale del castello ospitano mostre ed eventi di varia natura.
È infatti possibile organizzare negli spazi interni ed esterni del castello riunioni, congressi e manifestazioni di vario genere.

Mostra a Castel dell’Ovo: Tutankhamon – viaggio verso l’eternità


In questi giorni è stata inaugurata una interessante mostra: Tutankhamon, viaggio verso l’eternità, dedicata al faraone bambino.
La mostra è caratterizzata da una serie di circa 100 accurate riproduzioni dei tesori ritrovati nella tomba di Tutankhamon e 60 pezzi originali provenienti dal Museo Archeologico di Firenze.
Il percorso si snoda attraverso una serie di sale dove rappresentazioni scenografiche, filmati, reperti, riproduzioni e un’area dedicata alla realtà virtuale, narrano la storia della scoperta della tomba, ritrovata praticamente intatta, avvenuta a Luxor il 4 novembre 1922 per opera dell’archeologo Howard Carter.

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