“Live at Pompeii”
Nel 1971 il regista Adrian Maben venne in vacanza in Italia con la sua fidanzata.
Non trovando più il suo passaporto, nel tentativo di recuperarlo, tornò agli scavi di Pompei nel tardo pomeriggio, convinto di averlo perso durante la sua visita.
Ebbe così l’occasione di vedere l’Anfiteatro Romano di Pompei in tutta la sua bellezza alla luce del crepuscolo.
Si innamorò della visione e decise che quella sarebbe stata la location perfetta per girare il film documentario sui Pink Floyd che da tempo aveva in mente.
Così nacque il famosissimo “Live at Pompeii“.

Gli scavi di Pompei
Come dare torto a Maben?
Pompei, con i suoi 440.000 mq di superficie, è sicuramente uno dei più vasti, interessanti e suggestivi siti archeologici, non solo in Italia, ma nel mondo intero.
Dichiarato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO nel 1997, il sito archeologico ci regala una fotografia ben conservata della vita nella cittadina romana di Pompei antica, prima che il Vesuvio la coprisse con una coltre di cenere e lapilli durante la ben nota eruzione del 79 d.C.
La città aveva già subìto ingenti danni nel 62 d.C. a causa di un forte terremoto. In seguito a questo tragico evento, Nerone aveva commissionato ingenti opere di restauro, molte delle quali erano ancora in corso quando si verificò l’eruzione.

Storia degli scavi di Pompei
I primi scavi nell’area iniziarono nel 1748 per volere di Carlo III di Borbone, spinto dal successo degli scavi eseguiti a Ercolano dieci anni prima.
Nei primi anni furono fatte perlopiù delle esplorazioni, ben presto abbandonate a causa degli scarsi ritrovamenti. Le porzioni di costruzioni portate alla luce durante gli scavi vennero ricoperte nuovamente.
Durante il regno di Ferdinando IV di Borbone, con la moglie Maria Carolina, le porzioni di edifici scoperte vennero lasciate in vista.
Ma è durante il governo francese di Gioacchino Murat che la fama di Pompei crebbe moltissimo, grazie alle pubblicazioni volute da Carolina, moglie di Murat. A quel punto gli scavi di Pompei divennero una tappa obbligata nel Grand Tour dei giovani aristocratici europei.
Dopo l’unità d’Italia, sotto la guida di Giuseppe Fiorelli, gli scavi ripresero con un’organizzazione più precisa e sistematica. Nel 1863 venne poi introdotta la tecnica dei calchi di gesso, grazie ai quali abbiamo oggi la possibilità di vedere riprodotti uomini, donne, animali e vegetali immortalati nel momento drammatico dell’eruzione.
I lavori di scavo negli anni ’60 subirono man mano dei rallentamenti perché la scoperta di tanti edifici e strutture, riportate alla luce e non più protette dagli strati di terra che li ricoprivano, rese necessari imponenti lavori di restauro per preservarli.
Il terremoto dell’Irpinia del 1980 danneggiò seriamente parte degli edifici, richiedendo ulteriori opere di restauro.
L’importanza dei ritrovamenti
La maggior parte dei reperti recuperati a Pompei, come suppellettili, statue, affreschi e mosaici, è conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN).
Una parte è però visibile anche negli scavi di Pompei nell’Antiquarium, piccolo museo all’interno del sito archeologico, dove sono conservati alcuni calchi in gesso, suppellettili e affreschi.
L’importanza di tanti ritrovamenti ha aiutato gli studiosi a delineare un quadro chiaro e dettagliato degli usi e dei costumi della popolazione della antica città romana e non solo.
Nel 2016 il sito archeologico di Pompei ha registrato oltre 3.200.000 visitatori, un vero record, piazzandosi al terzo posto tra i siti più visitati in Italia, dopo il Pantheon ed il circuito archeologico del Colosseo, Foro Romano e Palatino.

Struttura di Pompei antica
Pompei fu fondata nel XIII secolo a.C. dagli Osci e nel tempo si trasformò in una bella cittadina portuale, meta turistica e vacanziera per i romani benestanti.
La città sorgeva su un contrafforte di circa 40 m, originatosi da una colata lavica del Vesuvio in epoca preistorica, ed era circondata da possenti mura in travertino giallo e lunghe circa 3 Km e mezzo. Le mura erano intervallate da 8 porte di accesso alla città.
La struttura urbana era a base rettangolare, con gli edifici pubblici principali e il foro posti in zona centrale e i teatri e le arene in zone periferiche nei pressi delle mura cittadine.
La città era decisamente benestante, con le strade lastricate in basalto ed edifici importanti e imponenti. L’Anfiteatro Romano ha una capienza di circa 20.000 posti e il Teatro Grande di circa 5.000. C’erano 6 complessi termali, negozi e botteghe, arene sportive, teatri, templi, ville private arricchite con molteplici elementi, decori e affreschi, e i thermopolium, corrispondenti agli odierni fast food.
Data la vastità del sito, gli archeologi hanno suddiviso l’area in 9 “regiones” o quartieri.
Una città da scoprire
Il materiale vulcanico originato dall’eruzione del Vesuvio la seppellì sotto uno strato di cenere e pomice spesso dai 5 ai 10 metri, grazie al quale gran parte degli edifici e degli oggetti è rimasto praticamente intatto.
Pare che dell’intera città due terzi fino ad ora sono stati riscoperti e soltanto un terzo è visibile al pubblico.
La visita agli scavi di Pompei può richiedere intere giornate, è praticamente impossibile riuscire a vederli per intero in un’unica visita.
Tra le bellezze da non perdere assolutamente durante una visita sono da annoverare la Villa dei Misteri, la Villa del Fauno, il Foro, il Tempio di Apollo, le Terme Stabiane e i già citati Antiquarium, Anfiteatro e Teatro Grande.
Se si decide di visitare l’area nei mesi più caldi, è vivamente consigliato indossare abiti leggeri, portare un copricapo per proteggersi dal sole e munirsi di abbondante acqua fresca.

Una piccola curiosità: le scene più suggestive di Live at Pompeii, quelle cioè in cui la band cammina tra i vapori sulfurei, non sono state girate a Pompei, ma nella vicina Solfatara di Pozzuoli, nei Campi Flegrei.
Purtroppo il sito della Solfatara è chiuso “temporaneamente” dal 2017, come recita l’avviso sul sito, per motivi non ben precisati.